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Durante i colloqui con i pazienti sento spesso parlare di ansia e di attacchi di panico; questi termini vengono utilizzati quasi in maniera intercambiabile come se fossero sinonimi. Per questo motivo mi sembra importante scrivere un articolo, allora facciamo un po’ di chiarezza!
Parliamo di attacco di panico.
Di frequente le persone che arrivano in studio per una sintomatologia di panico hanno alle spalle un iter medico-diagnostico alla ricerca di una spiegazione che giustifichi i sintomi fisici tipici (sudorazione, dolori al petto, tachicardia, difficoltà nella respirazione, etc…). Normalmente il primo accesso avviene tramite il medico di base o direttamente al cardiologo, temendo l’insorgenza di una patologia organica, ad esempio a livello cardiaco.
Solitamente queste indagini non hanno correlazione con la sintomatologia di panico, non portando perciò ad alcun esito chiarificatore. Così la maggior parte dei pazienti, anche su indicazione dello stesso medico, giungono ad una consulenza psicologica.
Quello che le persone solitamente chiedono, in un primo momento, sono rassicurazione e contenimento difronte alla paura che questo possa capitare nuovamente. Increduli e disorientati per quanto accaduto sono spaventati all’idea di non essere riusciti a trovare qualcosa che potesse quanto meno giustificare, l’innesco dell’attacco di panico.
Questo accade dal momento che, nella maggior parte dei casi, l’attacco di panico avviene in momenti “normali” della vita quotidiana. Anche quando all’apparenza le persone si sentono tranquille, senza che sia successo qualcosa in particolare da doverli allarmare a tal punto.
Il significato dell’attacco di panico, però, ha proprio a che fare con questo, facendo così suonare un campanello d’allarme che costringe la persona a doversi prendere cura di alcuni aspetti della sua vita che, in realtà, non sono assolutamente funzionali per il proprio benessere psicologico.
È come se il corpo parlasse al posto della persona nel tentativo di farle capire, con le “cattive”, che sia giunto il momento di prendersi cura di se stesso, aggiungendo che se questo non dovesse succedere il corpo non potrà fare altro che continuare a ricordarglielo.
L’attacco di panico può durare da pochi secondi a qualche minuto causando al paziente una considerevole quota di angoscia e paura. L’attacco si caratterizza per un’attivazione improvvisa, raggiungendo rapidamente l’apice ed è spesso accompagnato da sensazioni di pericolo generalizzato, di avere un infarto, di paura di morire o di impazzire. A questi spaventosi pensieri si accompagnano una serie di sintomi corporei tipici come:
Un attacco di panico è un episodio breve ma intenso in cui si sperimenta paura acuta accompagnata da sensazioni ansiose, che insorge improvvisamente manifestandosi attraverso sintomi corporei e particolari vissuti psicologici di impotenza e angoscia. Quest’esperienza così stressante sia a livello corporeo che psichico, ha effetti destabilizzanti lasciando infatti i soggetti impauriti, confusi e molto stanchi.
Quello che spesso si innesca dopo il primo episodio è la paura persistente di avere un nuovo attacco di panico; un circolo vizioso che rischia di compromettere il benessere dell’individuo, portandolo sempre lì con il pensiero, in uno stato di costante attivazione e di allarme difronte ad ogni possibile segnale corporeo.
La paura di stare di nuovo male può dunque influenzare i pensieri, le emozioni e la quotidianità; perciò è usuale che le persone si pongano interrogativi del genere:
È importante che questo tipo di problematica venga affrontata all’interno di un percorso di psicoterapia nel quale sarà possibile comprendere e rielaborare il proprio vissuto. In questo modo questo non si strutturerà rigidamente impedendo alla persona di riavere una buona qualità di vita
Il primo aspetto da comprendere è la “funzionalità” della problematica, non certo per la sua natura alquanto spiacevole, ma per la possibilità che offre all’individuo potendo così prendersi cura di se stesso e rendendosi conto di avere dei limiti, non potendo più pensare di sopportare tutti i carichi emotivi.
La maggior parte delle persone infatti pensa che da quel momento in poi non sarà più in grado di poter gestire i mille aspetti della sua vita e di quella delle persone che gli stanno accanto, in realtà questa sintomatologia sarà l’occasione che permetterà loro di iniziare a “riposarsi” un pochino, dovendo accettare di non poter far tutto e imparando, addirittura, a dover chiedere aiuto.
Questo tipo di psicoterapia permette di poter osservare come la sintomatologia ansiosa e gli attacchi di panico siano chiaramente inseriti all’interno del contesto relazionale dell’individuo ricostruendo insieme la storia delle sue relazioni attuali e passate. L’approccio sistemico relazionale, proprio per la sua capacità di poter andare in profondità, è particolarmente idoneo ad affrontare problematiche d’ansia, lavorando sui nodi relazionali che li hanno innescati.
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